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Perché per le aziende l’employer branding non è più rimandabile

Le aziende oggi hanno due tipologie di “reputazione” da coltivare, parimenti importanti e strategiche. Da un lato la nota “brand reputation”, ossia la percezione del marchio da parte dei clienti, degli stakeholders e dal mercato nel suo insieme, e raggiunge il suo culmine nell’esperienza che il cliente vive in fase di acquisto di beni e servizi, durante l’utilizzo degli stessi e i servizi post-vendita forniti dall’azienda; dall’altro, il più giovane “employer branding”, espressione entrata in uso intorno agli anni ’90 che fa riferimento alla reputazione di un’azienda nelle vesti di datore di lavoro.  

L’importanza dell’employer branding per l’azienda  

A differenza del “customer branding”, nell’employer branding il protagonista sul quale l’azienda deve focalizzarsi per creare la migliore esperienza non è più, dunque, il cliente finale ma il lavoratore passato, presente e futuro. Ne consegue che le strategie di employer branding hanno come fine ultimo quello di attrarre, acquisire, creare un legame e trattenere i migliori talenti. Esse fanno riferimento a stipendio, benefit, opportunità di avanzamento o azioni intraprese per sostenere il benessere psico-fisico della propria forza lavoro, i valori aziendali quali D&I e sostenibilità ambientale e come essi si concretizzano nelle scelte di ogni giorno. 

Secondo quanto riportato da Glassdoor, il 50% dei candidati non lavorerebbe per un’azienda con una cattiva reputazione come datore di lavoro, anche per un aumento di stipendio, e che quasi il 30% delle persone in cerca di lavoro ha lasciato la propria occupazione entro i primi 90 giorni dal suo inizio indicando un disallineamento tra sé e l’employer branding aziendale. Da ciò emerge che, in un mercato dei talenti sempre più faticoso per le imprese, costruirsi un’immagine positiva come luogo in cui lavorare risulta fondamentale per mantenere la competitività e guardare al futuro.  

I vantaggi di una buona employer branding strategy 

Ma costruire un buon employer branding non è soltanto utile, nella talent acquisition. I vantaggi di una reputazione come datore di lavoro positiva si riflettono sulla popolazione aziendale già presente e anche sulle persone al di fuori dell’azienda: dai finanziatori agli stessi clienti finali. Vediamo più nel dettaglio quali sono, dunque, gli effetti di un’efficace employer branding strategy oltre ad attrarre i migliori candidati. 

Riduzione dei costi per il recruiting. Sempre Glassdoor afferma che un forte employer brand può ridurre il costo per assunzione fino al 50%. Questo perché se l’azienda è riuscita a creare attorno a se stessa un buon livello di attrattività come datore di lavoro, non dovrà andare alla ricerca dei migliori talenti ma saranno loro ad avvicinarsi senza dover investire budget in campagne di marketing specifiche e tempo dei recruiter, che potranno focalizzarsi sulla selezione dei candidati piuttosto che sull’acquisizione di un numero adeguato di CV di valore. 

Riduzione del tasso di turnover. Appare abbastanza evidente che se l’employer branding riguarda anche il benessere dei propri lavoratori, oltre ad avere una forte incidenza di attrattività verso l’esterno, una buona strategia di employer branding farà in modo di aumentare il livello di coinvolgimento (employee engagement) dei dipendenti, scongiurando così lo spettro delle dimissioni, oggi più incombente che mai.  

Aumento della produttività. Dipendenti più coinvolti e soddisfatti sono motivati a dare il meglio di sé aumentando così il livello di produttività.  

Maggiore fidelizzazione dei clienti. Oggi i clienti non cercano più solo “il buon prodotto”, ma pretendono che l’azienda che lo realizza sia attenta al benessere dei propri dipendenti e rispettosa di valori come l’inclusione e la diversità o dell’equilibrio ambientale. Ecco, dunque, come un buon employer branding si riflette anche sulla fidelizzazione dei clienti. 

Maggiore interesse degli investitori. Come i clienti finali, anche gli investitori oggi sono molto più attenti a indirizzare le proprie risorse economiche verso aziende che dimostrano di essere responsabili e socialmente impegnate internamente ed esternamente. 

 

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