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La vera risorsa dell’impresa: coltivare benessere significa creare nuove potenzialità 1

Parlare oggi di lavoro sostenibile significa indicare un modello di lavoro ibrido in cui i parametri ESG (Environmental, Social, Governance) siano parte integrante della forma di collaborazione tra le persone e le organizzazioni. Le tre parole richiamate nell’acronimo, infatti, si riferiscono ai pilastri della sostenibilità dal punto di vista dell’impatto ambientale, degli aspetti sociali e della gestione aziendale. La sostenibilità, quindi, va analizzata a seconda di uno degli elementi che concorrono a definirla nel suo complesso. Se il rispetto dell’ambiente coincide con la tutela di risorse preziose per il pianeta, la cura sul versante sociale mira, invece, a preservare relazioni virtuose con gli stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti e comunità territoriali). Sul fronte della Governance, infine, la sostenibilità riguarda sia le buone pratiche legate alla retribuzione dei dirigenti o al rispetto dei diritti degli azionisti, sia la rimozione di politiche discriminatorie basate sulle differenze di genere, etnia, religione ecc. Nel dettaglio, perciò, ecco come va impostato un modello di lavoro che voglia essere realmente sostenibile.

Perché il lavoro ibrido è anche più sostenibile

Il primo fattore è strettamente connesso alla riduzione delle emissioni e al contenimento degli sprechi. Il lavoro ibrido in sostanza è un sistema che consente di abbattere il pendolarismo, poiché i dipendenti non devono andare ogni giorno negli uffici o negli stabilimenti dell’azienda. Oltre a svolgere i propri compiti da casa, possono usufruire di spazi dislocati in zone strategiche della città, coworking o Hub. La maggior parte di questi spazi sono facilmente raggiungibili con il trasporto pubblico o con sistemi di mobilità sostenibile (car e bike sharing, monopattini elettrici ecc.). L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha calcolato che una media di due giornate di lavoro a distanza contribuirebbe a far diminuire di 450 Kg le emissioni di CO2 per ogni persona. A livello nazionale corrisponderebbe a circa un milione e 500 tonnellate di CO2 non emesse, cioè una quantità assorbita da una superficie boschiva pari a 8 volte il Comune di Milano.

Verso un nuovo modello di benessere per comunità e persone

Lavoro sostenibile vuol dire anche capace di favorire il well-being di persone e comunità. Con riferimento al benessere dei singoli, sono molti gli studi che attestano quanto le forme di lavoro flessibile siano apprezzate in tutto il mondo. Solo per citarne uno, McKinsey ha condotto un’indagine insieme a Ipsos l’anno scorso su un campione di 25 mila americani. L’87% dei rispondenti ha affermato che, qualora si presentasse la possibilità di lavorare in modo flessibile, intenderebbe sfruttarla. Si tratta di una dinamica diffusa che, seppure sospinta all’origine dalla reazione frenetica alla crisi improvvisa dettata dalla pandemia, è diventata ormai una peculiarità desiderabile per milioni di persone. A questo va aggiunto che una diversa distribuzione dei luoghi in cui la gente vive e lavora può ridisegnare profondamente le città, smussando la polarizzazione estrema che negli ultimi anni le ha destinate principalmente agli affari a scapito della vita privata. Il concetto di sostenibilità sociale implica, al contrario, uno scambio proficuo tra questi due ambiti.

Hub working, la scelta del lavoro sostenibile

Più che il coworking tradizionale, è l’hub working che può agevolare questa sorta di incrocio fruttuoso di idee ed esperienze. In un contesto che accoglie un’eterogeneità di realtà aziendali, tante quanti sono i team che frequentano l’hub, il benessere di chi lavora, la flessibilità, la soddisfazione, la varietà sono temi che favoriscono la sostenibilità sociale. Le organizzazioni sanno che la prima vetrina verso l’esterno è rappresentata dai propri dipendenti, la cui soddisfazione è uno dei principali indicatori della qualità di un’impresa. Il lavoro sostenibile, in questo caso, corrisponde a una dimensione nella quale i due protagonisti – azienda e lavoratore – possono scegliersi reciprocamente sulla base di ciò che a entrambi è dato osservare nel campo neutro dell’hub working.

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