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Come rendere l’Employee Journey perfetta nell’era del lavoro ibrido

Con il termine Employee Journey, (o Employee Lifecycle), viene indicato il lasso di tempo che il lavoratore trascorre all’interno di un’organizzazione − dal processo di selezione all’uscita da essa − e tutti gli accadimenti che si verificano in questo frangente e che vanno a definire l’Employee Experience, aspetto strategico per determinare il successo dell’azienda.

Negli ultimi anni, il fenomeno della Great Resignation ha indotto ad una nuova presa di consapevolezza da parte dei lavoratori e di ciò che essi si aspettano e desiderano dai propri employer; è fondamentale, per arginare il crescente tasso di turnover, che gli esperti delle Risorse Umane si concentrino nell’offrire un’esperienza di lavoro ai massimi livelli.

Stando, infatti, a quanto rilevato dall’Osservatorio HR del Politecnico di Milano la capacità delle aziende di motivare i propri employee, risulta essere notevolmente diminuita:  il 73% di queste, nell’ultimo anno, ha registrato un aumento del tasso di turnover e il 45% degli occupati (in particolar modo tra 18-30 anni) dichiara di aver cambiato lavoro nell’ultimo anno o di avere intenzione di farlo da qui a 18 mesi. Tra le persone che hanno cambiato lavoro, è interessante sottolineare che 4 lavoratori su 10 lo hanno fatto senza un’altra offerta di lavoro al momento delle dimissioni.

 

Creare Employee Journey soddisfacenti oggi

 

Per costruire una Employee Experience efficace al tempo dell’hybrid work bisogna partire dunque dall’analisi di ciò che i lavoratori vogliono oggi.

Secondo il Work Trend Index 2022 di Microsoft, realizzato intervistando 31.000 persone in 31 Paesi compreso l’Italia, le principali cinque motivazioni che hanno indotto il 18% dei dipendenti a lasciare il lavoro nel 2021 sono state: benessere personale o salute mentale (24%), equilibrio tra lavoro e vita privata (24%), rischio di contrarre il Covid-19 (21%), mancanza di fiducia nell’alta dirigenza/leadership (21%) e mancanza di orari o luoghi di lavoro flessibili (21%). Individuato cosa ha spinto le persone ad abbondare il proprio ruolo, lo studio evidenzia altresì i più importanti aspetti che, oltre alla retribuzione, vengono oggi ricercati in un lavoro: cultura positiva (46%), benefici per la salute mentale/benessere (42%), senso di scopo/significato (40%), orari di lavoro flessibili (38%) e più delle due settimane standard di ferie pagate ogni anno (36%). Riuscire ad inserire questi elementi all’interno dell’Employee Journey potrà fare la differenza sul livello di Employee Retention (capacità di un’organizzazione di trattenere i propri dipendenti, ndr).

 

Un’azienda che intende abbracciare il modello del lavoro ibrido e sostenere la flessibilità per rispondere in maniera personalizzata all’esigenze dei dipendenti, sin dal suo primo contatto col potenziale candidato può   prevedere la possibilità di effettuare i colloqui conoscitivi in modalità virtuale, senza costringere la risorsa a dover affrontare un investimento rilevante in termini economici e di tempo in una fase del rapporto dagli esiti ancora incerti. Sicuramente ciò sarebbe un bel segnale per tutti coloro che ritengono la flessibilità un valore fondamentale dell’azienda verso la quale rivolgersi al giorno d’oggi. Flessibilità di orari e luoghi che poi naturalmente andrebbe declinata in tutte le tappe successive del ciclo di vita del dipendente. Compatibilmente con l’attività svolta, un lavoratore dovrebbe infatti poter scegliere se recarsi in sede, lavorare da casa o appoggiarsi ad uno spazio di coworking.

 

L’importanza della formazione e dell’aggiornamento continuo

Altro aspetto importante riguarda il costante aggiornamento delle competenze abilitanti al lavoro ibrido. Gli strumenti digitali che hanno reso possibile la diffusione dell’hybrid work per loro stessa natura tecnologica sono in continua evoluzione; al fine di consentire, dunque, che il dipendente possa disegnare il proprio “journey” perfetto all’interno dell’organizzazione, è bene predisporre lungo tutto il percorso, dei momenti di formazione e di aggiornamento finalizzati a governare al meglio tali strumenti, senza lasciarsi sopraffare da senso di incapacità e sconforto o sconfinare, dall’altra parte, nel burnout digitale, ossia l’esaurimento innescato dall’esposizione prolungata ai dispositivi digitali.

 

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